di Laszlo E. Almasy
Lo definirei, per quel che mi riguarda, il "libro dei libri"; sicuramente uno dei piú beli che ho letto e riletto e in cui ho sempre trovato nuovi spunti e nuove emozioni.
Cartografo, aviatore, spia, romantico viaggiatore. Noi appassionati del deserto lo consideriamo un mito, ma il "conte" come amava farsi chiamare anche se non lo era, o Abu Ramla (il "padre della sabbia"), come lo chiamavano i suoi amici beduini, è e resterá sempre un enigma.
Fu pilota dell'aviazione austriaca nei cieli italiani durante la prima guerra mondiale, guida dei guastatori di Rommel dietro le linee inglesi nella seconda, esploratore, scrittore, cartografo.
Questo volume, pubblicato nel 1938, è il più famoso dei suoi diari di viaggio: da Kufra alla ricerca di Zarzura, dalla scoperta della "Grotta dei Nuotatori" (resa famosa dal film Il Paziente Inglese), al Gran Mare di sabbia; una testimonianza di viaggio negli anni Trenta.
di Ardito Desio
Subito dopo il libro di Almasy viene questo, scritto dal geologo ed esploratore italiano Ardito Desio. Le "Vie della Sete" sono i sentieri tortuosi da lui percorsi durante le esplorazioni scientifiche che egli fece a partire dal 1926 fino al 1940, quando lo scoppio della seconda guerra mondiale gli impedì di continuare le ricerche.
Attraversò più volte le distese del Sahara libico a piedi, a dorso di cammello, in camion o in aereo, per cercare, nelle viscere del deserto, le ricchezze naturali nascoste.
Questo libro, che si legge come un romanzo con la differenza che le avventure che vi sono descritte sono vicende vere, é una ripresa dei suoi diari, che invitano a ripercorrerne gli itinerari. Viaggiando oggi nel deserto libico si ritrovano esattamente i luoghi descritti da Desio, taluni irriconoscibili come le città e i villaggi, altri rimasti immutati nel tempo.
Il nome di Ardito Desio viene generalmente legato alla spedizione italiana che ha guidato nel 1954 alla conquista del K2, la vetta più alta del mondo dopo l'Everest. Ma la conquista del K2 è solo una delle numerose imprese importanti della sua vita; un'altra, più importante soprattutto per gli sviluppi che ha avuto a partire dall'immediato dopoguerra, è la scoperta nel 1938 del petrolio nel Sahara libico, descritta appunto in questo libro.
di Mano Dayak
..."Sono nato con la sabbia negli occhi. Questo avveniva a Tidène, nel cuore delle montagne dell'Aïr, all'inizio della stagione delle piogge"...
Cosí inizia questo bellisimo libro scritto da quest'uomo straordinario che portó alla ribalta dell'occidente la "questione" del suo popolo, i Tuareg appunto, nel corso degli anni '70 e '80.
..."Mia madre mi diceva: Mano, sotto la tua lingua si nasconde il miele, ma non lasciare mai il deserto poiché il deserto purifica l'anima. Lontano da esso, sei sordo e cieco"...
Così invece parlano le madri Tuareg. Per pudore, esse nascondono le loro preoccupazioni con allegorie, un potere che le rende poetesse e sovrane.
Un libro di narrativa autobiografica da cui emergono gli stili di vita e la cultura di questo meraviglioso popolo: i Tuareg.
di Kobie Kruger
Kobie Kruger vive a Johannesburg con il marito Kobus e le loro tre figlie ancora piccole, quando Kobus viene nominato sovrintendente del più grande parco nazionale del Sudafrica, il KRUGER NATIONAL PARK. Lei, con figlie al seguito, decide di seguire il marito. Ma col passare del tempo, comincia ad essere angosciata da quello che può accadere in un ambiente in cui vige la legge del più forte e la vita delle creature deboli è appesa ad un filo.
Così, quando Kobus trova un cucciolo di leone abbandonato nella foresta, Kobie decide di adottarlo. Leo - così lo chiamano - viene svezzato con il biberon e ben presto diventa il beniamino di tutti.
Un libro divertente, ma anche estremamente saggio, che ci fa conoscere un angolo di questo straordinario paese.
di Reinhold Messner e Thomas Hutlin
Grazie alle domande spesso incalzanti del giornalista del periodico tedesco “BILD”, il libro fa emergere l'"uomo Messner", quella personalità complessa che è diventata l'alpinista più noto di tutta la storia dell'alpinismo, grazie non solo alle doti fisiche ma soprattutto a una filosofia di vita e a una fede incrollabile nella sua capacità di vincere con tenacia e fantasia sfide sempre più ardue, in ambito alpinistico, così come in tutti gli ambiti.
Un libro che fa cambiare idea sulla figura di quest’uomo straordinario che ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere personalmente.
di Joe Simpson
Queste pagine, tra le più avvincenti che si possano leggere di letteratura alpinistica, si aprono con una dedica a Simon Yates, "per un debito che non potrò mai saldare". Yates era il compagno di Simpson in una avventurosa scalata sulla parete Ovest della Siula Grande, una vetta a 6.536 metri nelle Ande peruviane.
Colti sulla cima da una violenta bufera, i due scendono in condizioni difficilissime; Simpson si frattura una gamba e Yates cerca di calarlo per seracchi di ghiaccio, con laboriose manovre di corda, complicate dal gelo e dall'oscurità, finché per un ulteriore aggravarsi delle condizioni ed il verificarsi di una situazione senza più ritorno, decide di tagliare la corda, in senso letterale, lasciando cadere l'amico in un crepaccio e tornando a valle con la convinzione e il rimorso che sia morto. Ma non era così. Questo è il debito che Simpson ha con Yates: grazie al suo gesto disperato, aver incontrato la morte e averla sfidata e sconfitta.
Un testo avvicente, raccontato con grande effetto, che non lascia respiro e non ci lascia chiudere il libro. Un’avventura ai limiti del credibile ma che ci fa capire dove e a cosa può portare la volontà, la forza che possiamo trovare dentro noi stessi, descritte nella terza parte del romanzo: il lungo racconto della risalita dal crepaccio di Joe Simpson e dell'odissea sul ghiacciaio, per scendere fino a valle, sempre strisciando per terra, poiché la gamba rotta non lo sorregge.
di Reinhold Messner
Forse il libro piú bello di questo mito vivente; sicuramente il piú intenso.
Il Nanga Parbat, ovvero la Montagna Nuda, è alto 8125 metri ed è da decenni il sacro Graal dei migliori alpinisti. Negli anni '30 Willy Merkl tentò la salita e morì. Il suo fratellastro, Karl Herrligkoffer, ne fu ossessionato e tentò più volte di "conquistare" la montagna in nome del fratello.
Nel 1970 programma con i fratelli Messner di raggiungere la cima salendo dal versante Rupal, la parete di ghiaccio e roccia piú alta della terra: oltre 4500 metri. E la storia si ripete: Reinhold e Günther Messner sono i primi a salire lungo quella via ma sono costretti dal maltempo a scendere lungo il versante opposto, il Diamir: Günther perderà la vita travolto da una slavina e Reinhold sará accusato dal capo spedizione e dall'opinione pubblica intera di aver abbandonato il fratello per seguire il suo ego e la sua mania di conquista e protagonismo.
Reinhold cercherá per anni di confutare queste tesi e i tragici ricordi non lo abbandoneranno mai; tornerá piú di una volta sul Nanga Parbat a cercare i resti del fratello per dimostrare quanto da lui sempre asserito. E in una spedizione del 2000 verranno ritrovati, effettivamente, dove lui aveva detto.
I resti di Günther sono stati tumulati con una cerimonia tibetana in un "chorten" alla base dlla montagna, mentre un esame del DNA effettuato su un frammento di osso riportato in Europa e uno scarpone, con una modifica fatta dai due fratelli e solo da loro utilizzata, hanno confermato al mondo intero, una volta ritornato a casa, la veritá di Reinhold; con questo libro dopo tanti anni, Messner decide di raccontare la sua versione dei fatti.
Oggi quello scarpone (che potete vedere nella foto qui sotto) si trova in una torre del Messner Mountain Museum di Castel Firmiano vicino a Bolzano (www.messner-mountain-museum.it), in una sala dove sono ritratti tutti i grandi alpinisti e scalatori morti nel tentativo di raggiungere il loro obiettivo.
di Sergio Ramazzotti
Sergio Ramazzotti, giornalista del "corriere" viene inviato in Africa per questo reportage di viaggio da Algeri a Capetown.
Una traversata dell'Africa, attraversando il Sahara senza fuoristrada, affrontando le salite di fango rosso e scivoloso nel cuore della jungla su una bicicletta arrugginita, usando ogni genere di mezzo: camion, treni, merci, taxi, furgoni, traghetti, barchini o andando a piedi e senza soldi per corrompere le autorità.
Il risultato é un racconto piacevole, divertente, a volte grottesco, che ci fa capire come il detto "c'est l'Afrique (é l'Africa) sia ancor oggi piú che mai attuale.
Comunque un "must" per i viaggiatori on the road.
di Fabrizio Gatti
"Bilal" è un'avventura contemporanea attraverso i deserti e il mare, dall'Africa all'Europa, dalla bidonville al mercato dei nuovi schiavi, vissuta in prima persona dall'autore.
Fabrizio Gatti ha attraversato il Sahara sui camion e si è fatto arrestare come immigrato clandestino per raccontare gli atti eroici e le tragedie che accompagnano i protagonisti di una conquista incompiuta. Un libro emozionante, incredibile, che racconta le odissee di questi uomini, della loro disperazione dei loro drammi, di quanto la loro vita valga per altri uomini meno di nulla.
Un libro coraggioso, che sarebbe perfetto se l'autore ci avesse risparmiato i suoi commenti sulla politica, presenti nell'ultimo capitolo.
di Bill Bryson
Il più lungo sentiero del mondo, l'Appalachian Trail, corre per 2.200 miglia lungo la costa orientale degli Stati Uniti, dalla Georgia al Maine, attraverso uno dei più stupefacenti paesaggi americani.
All'età di 44 anni l'autore, in compagnia di un amico obeso, ex compagno di scuola ed unico ad aver accettato questo bizzarro invito, decide di affrontarlo, pur essendo del tutto impreparato all'impresa.
Tra incontri con animali selvatici, deviazioni catastrofiche, scomodità e privazioni di ogni tipo (e qualche rischio), il viaggio si svolge così all'insegna di una divertita incoscienza e di una sincera fascinazione per la natura.
Ben scritto e assolutamente realistico, é davvero un racconto esilarante da cui non é facile staccarsi.
di Stefano Malatesta
«Il grande mare di sabbia» racchiude nelle sue pagine le avventure e gli avventurieri che hanno fatto l'epica delle grandi distese di sabbia.
Malatesta narra di personaggi affascinanti: dal conte Laszlo von Almasy, il paziente inglese, a Fabrizio Mori, l'archeologo che ha rivelato il meraviglioso ciclo delle pitture rupestri della Libia.
Da Wilfred Thesiger, il primo uomo che ha attraversato il Rub-al-Khali, il deserto più spaventoso del mondo, a Piero Laureano, la persona che conosce tutti i segreti delle oasi.
Da Winston Churchill, che combatté nel deserto del Sudan contro i seguaci del Mahdi, ad Alexander Korda, che con il suo film, ha impresso a tutta una generazione l'immagine coloniale del deserto.
di Ardito Desio
Nel 1940 Ardito Desio, geografo e scienziato, esplora il Tibesti, massiccio montuoso nel cuore del Sahara, situato nella Libia meridionale. Il Tibesti era un luogo pressoché sconosciuto e desolato ma pieno di fascino per la singolarità dei paesaggi e dell’ambiente.
I dati raccolti dalla Missione Desio (topografici, geologici, idrologici, paleo etnologici, etnografici, botanici e zoologici) furono pubblicati nel 1942. La relazione della Missione viene oggi ripubblicata nel suo testo originario, corredato da disegni dell’Autore e da un ricco repertorio fotografico tratto dall’Archivio Desio.
L’opera mantiene, ancora oggi, straordinariamente intatta la freschezza di esplorazione e di ricerca che l’ha ispirata. E’ un testo un po’ tecnico e con puri ed espliciti riferimenti scientifici, ma può essere certamente un validissimo aiuto per informarsi su la morfologia e le caratteristiche geografiche di quei luoghi.
di Reinhold Messner
Finalmente esce anche in Italia il libro scritto subito dopo il ritorno dalla tragica missione del 1970 in cui perse la vita il fratello dell'autore. Pubblicato in lingua tedesca, ritirato e poi di nuovo immenso sul mercato, finalmente arriva anche qui.
Scritto di getto nel 1970, all'indomani del più grande successo e della perdita più terribile (la salita del suo primo ottomila e la morte del fratello Günther che con lui aveva raggiunto la vetta del Nanga Parbat) questo diario non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Almeno secondo il capo spedizione, Karl Herrligkoffer, che voleva essere il detentore dell'unica verità sulla "conquista" del Nanga Parbat e che di fatto, per anni ha accusato Messner di aver tradito lo spirito di gruppo, di non essere in realtà salito in cima, di aver scelto una via di discesa sbagliata e impossibile, di avere trascinato con sé il fratello meno in forma e di averlo abbandonato a morte sicura nei pressi della vetta.
Tacendo inoltre i suoi errori, primo fra tutti quello di aver usato un razzo di segnalazione di colore sbagliato, spingendo Messner a intraprendere l'ultimo tratto che lo separava dalla vetta senza attrezzare la via. Per decenni Messner ha urlato la sua verità, portando dentro di sé il dolore per la morte del fratello e per l'ingiustizia subita; solo con il ritrovamento del corpo di Günther nel 2005, esattamente dove aveva detto che era stato travolto da una slavina, ha potuto ritrovare un po' di serenità.
Nel frattempo è diventato il più grande alpinista di tutti i tempi. E ora, dopo quarant'anni, vuole tornare ancora una volta su quell'episodio terribile, con la testimonianza più diretta e immediata: il suo resoconto di allora.
di Antoine de Saint Exupery
È la storia dell'incontro tra un aviatore, costretto da un guasto ad un atterraggio di fortuna nel deserto, e un ragazzino alquanto strano, che gli chiede di disegnargli una pecora. Il bambino viene dallo spazio e ha abbandonato il suo piccolo pianeta perché si sentiva troppo solo lassù: sua unica compagna era una rosa. Un libro che si rivolge ai ragazzi e "a tutti i grandi che sono stati bambini ma non se lo ricordano più", come dice lo stesso autore nella dedica del suo libro.
di Jennifer Jordan
Nel 1939 il miliardario americano Dudley Wolfe partì dal Maine deciso a diventare il primo uomo a scalare il K2, la seconda vetta più alta della terra e secondo molti la più difficile. Una montagna straordinaria e terribile, destinata solo a pochi alpinisti esperti e determinati. Nonostante l'età e l'inesperienza, Wolfe diede grande prova di coraggio e insieme a Fritz Wiessner (il capo spedizione) e a tre sherpa, continuò a salire anche quando le forze lo stavano abbandonando. Ma non riuscì a proseguire. Tentò la discesa ma non ce la fece e i suoi compagni furono costretti ad abbandonarlo a 7600 metri d'altezza.
63 anni dopo, Jennifer Jordan scopre i suoi resti alle pendici del K2 e racconta la storia appassionante di questa sfida grandiosa, che nasce nei patinati salotti europei e sale fino alle vertiginose altezze di una montagna splendida e inviolabile.
di Francesco Ongaro
Sebastiano Caboto, veneziano per nascita e cosmopolita per vocazione, racconta in questo romanzo le prime esperienze di cartografo e la frequentazione di quel cenacolo di astronomi, geografi, navigatori e stampatori che, insieme, stavano dando forma, nell'Europa fra quattro e cinquecento, al mondo come lo conosciamo oggi. Ma soprattutto racconta i viaggi, il mare e l'avventura, in un'epoca, a ridosso delle imprese di Colombo, in cui le descrizioni dei navigatori erano un impasto di rigore scientifico e di racconti fantastici; in cui l'uso di strumenti di precisione si mescola alla credenza in leggende e suggestioni antiche; in cui le tempeste si scansano per una scelta accorta della latitudine e per le preghiere delle donne rimaste a casa a aspettare. Racconta l'ansia di affrontare "l'ignoto davanti a noi", la necessità di piegarsi all'evidenza che navigando a Ponente per giungere a Levante si incontra una nuova terra, immensa, tutta da esplorare, da capire, da attraversare, da spiegare.
di Roberto Parodi
Tre amici milanesi, Scheggia, Accio e Ragno, si ritrovano al funerale di un loro caro amico, Fedro, morto in uno strano incidente mentre si trovava in Africa, da solo, in moto. Già, la moto, e nello specifico la Harley Davidson, era ciò che aveva cementato l'amicizia del quartetto, in tanti anni di viaggi, prima che ognuno prendesse strade diverse - e meno spensierate. E lì, davanti a quella bara, scatta un'idea pazza: partire di nuovo, insieme e senza esitazioni, lasciandosi tutto per un po' alle spalle, per portare le ceneri dell'amico nel luogo che amava di più, "in fondo" al Sahara algerino. Ne nasce un viaggio eccezionale, fitto di ricordi, di storie, di incontri e scontri, di amori, di avventure e disavventure. Un viaggio che cambierà i tre amici e alla fine del quale la moto, l'Harley, così inadatta ad attraversare il deserto, diventa simbolo di una libertà riconquistata e del desiderio di sognare ancora, anche quando sembra irragionevole.
Questo, quel che dice la stampa. In realtà questo è uno dei più brutti libri che ho letto e soprattutto più ricco di falsità, luoghi comuni e attività e azioni che hanno contribuito e contribuiscono a screditare la categoria dei motociclisti in generale e dei viaggiatori in terra d’africa.
L’autore si vanta di azioni che nessuno con un po’ di sale in zucca si sognerebbe mai di fare, mettendo a rischio non solo la sua incolumità ma soprattutto facendo si che qualcuno si debba in caso adoperare per toglierlo d’impiccio (cosa che tra l’altro nel libro accade di continuo). Inesattezze nelle informazioni e procedure di ingresso nei vari paesi. Sprezzo di quello che sono le leggi, gli usi e le abitudini delle popolazioni di quei luoghi. Vanto di azioni che qualunque “vero viaggiatore” (spero) si sognerebbe mai di fare. Tre falliti, frustrati e drogati che si mettono in viaggio in nome di una storia di amicizia che mi chiedo quale possa mai essere, visto che per tutto il racconto, i protagonisti non fanno altro che insultarsi a vicenda. Forse l’autore ha letto troppo Kerouac, ha visto troppi film americani “on the road”, ha pensato che per definirsi viaggiatore basti avere una moto e un giubbotto di pelle…
Peccato che serva ben altro, come e soprattutto, per fare lo scrittore.
SCONSIGLIATISSIMO!
di Dava Sobel
Nel 1714 il Parlamento ingleseoffrì una ricompensa di ventimila sterline in oro (l'equivalente di 10 milioni di euro) a chi avesse scoperto come determinare la longitudine di una nave nell'oceano. Astronomi famosi come Galileo, Cassini, Huygens, Newton e Halley avevano cercato invano in passato una soluzione rivolgendosi alla Luna e alle stelle. La posta in palio stimolò altri ad avanzare proposte. Fu un orologiaio autodidatta, l'inglese John Harrison, a trovare la soluzione: bastava che ogni nave fosse equipaggiata con un cronometro in grado di segnare sempre l'ora "esatta", quella di Londra, ad esempio, e un semplice confronto con l'ora locale avrebbe istantaneamente fornito la longitudine della nave.
Questo libro è la storia avventurosa dei quarant'anni di sforzi che furono necessari a Harrison non solo per costruire e perfezionare quel cronometro, ma per persuadere la comunità scientifica
dell'efficacia del suo metodo.
di Mirella Tenderini
Sir Ernest Shackleton fa parte, insieme ad Amundsen e Scott, del gruppo di pionieri che nel primo ventennio del Novecento partecipò alla corsa verso il polo Sud e che ha fatto la storia dell'esplorazione antartica. Prima della spedizione dell'Endurance (1914-1917) Shackleton aveva affrontato già due volte il continente: nel 1902 quando, colpito dallo scorbuto, fu rimpatriato da Scott, e nel 1908 quando dovette arrendersi a sole centotrentacinque miglia dal polo. Anche dopo che Amundsen conquista il polo nel 1911, lui progetta un'impresa ancora più ampia: traversare il continente da una costa all'altra.
La spedizione dell’Endurance, partita da Plymouth nell'agosto del 1914, fallisce però quasi prima di iniziare. La nave rimane, infatti, bloccata nel pack del mare di Weddell nel 1915, finendo poi stritolata dai ghiacci polari. Ma è paradossalmente proprio a partire da questo sfortunato evento che Shackleton dà vita alla più grande e alla più disperata delle avventure antartiche: trarre in salvo i ventisette uomini che sono con lui. "Questo è il resoconto di quegli anni tremendi sul ghiaccio, ricostruiti dalla voce asciutta e lucida di Shackleton attraverso i diari di tutto l'equipaggio.
Gli accampamenti improvvisati per mesi sulla banchisa alla deriva, la fuga per mare a bordo delle tre scialuppe di salvataggio, l'approdo all'isola Elephant e, infine, l'incredibile traversata verso la Georgia del Sud.
di Aron Ralston
Qualche giorno di ferie, un viaggio organizzato che salta e Aron, un giovane ingegnere americano, ne approfitta per dedicarsi alla sua passione di sempre: le scalate. Arrampicatore esperto che non teme di uscire in solitaria, improvvisa un'escursione nel Blue John Canyon, nello Utah. Lascia detto solo quando ritornerà, ma non dove è diretto: una leggerezza che si trasforma in un pericolo mortale. Mentre scende in un canyon, sceglie un appoggio instabile e si ritrova sul fondo, con il braccio bloccato dal peso di un enorme masso. A nulla vale provare a smuovere la roccia o inciderla con il coltellino multiuso. Presto Aron deve arrendersi all'evidenza: è intrappolato, ha cibo e acqua per un giorno solo e nessuno sa dove si trova.
"Quanto può sopravvivere un uomo nel deserto?", si chiede contando ansiosamente le ore. Almeno cinque lunghi giorni, durante i quali i tentativi di liberarsi cedono pian piano il passo alla disidratazione, alla stanchezza, alle allucinazioni, ma anche al ricordo di tante avventure e degli affetti che lo aspettano. È proprio la decisione di tornare a ogni costo dai suoi cari a guidarlo verso un gesto estremo: quando Aron capisce che le prossime ore gli saranno fatali, con una lama si amputa il braccio e inizia una corsa contro il tempo per risalire le ripide pareti e trovare aiuto prima di morire dissanguato. 127 ore è il racconto drammatico e coinvolgente di un'esperienza estrema, di un coraggio che supera ogni ostacolo.
Da questo libro è tratto l’omonimo film “127 Ore” diretto dal regista inglese Danny Boyle e magistralmente interpretato da James Franco.
di Francisco Coloane
A Capo Horn due grandi oceani si scontrano in un incessante duello. Secondo una leggenda marinara, il Diavolo è rimasto incatenato sul fondo di questo tratto di mare in perenne tempesta. Di fronte a questo scenario affascinante, e nelle praterie della Terra del Fuoco, Coloane ha ambientato i racconti che compongono questo libro. Eroi solitari, contrabbandieri, mandriani, rivoluzionari e marinai: storie di uomini, e di animali, marchiati dalla desolazione e dalla libertà degli spazi infiniti in cui si muovono, colti dallo sguardo preciso e partecipe di chi in quelle terre estreme ha davvero vissuto, affrontandone, giorno dopo giorno, le miserie e le grandezze.
Dopo aver letto questo libro, sono rimasto affascinato dai luoghi descritti nelle pagine di questo libro, ma soprattutto dal modo di questo autore di descrivere queste terre e gli uomini che le vivono e così ho cercato qualche notizia in più sull'autore...
...nasce in Cile, a Quemchi, nella provincia del Chiloè. Suo padre, Juan Agustín Coloane, fu capitano della prima baleniera cilena e sua madre, Humiliana Cárdenas, era una piccola proprietaria terriera.
All'età di 15 anni aveva già perso entrambi i genitori. Trovandosi costretto a guadagnarsi da vivere, abbandonò la scuola salesiana dove stava studiando e trovò lavoro come marinaio, sulle barche lungo i canali, come 'peone' nelle fattorie della pampa australe e partecipò anche alle ricerche petrolifere nella zona dello Stretto di Magellano.
Agli inizi degli anni 30, Francisco Coloane si trasfersce a Santiago del Cile, in cerca di opportunità migliori. Qui trova lavoro come redattore per il giornale "Le Ultime Notizie". Qualche anno dopo comincia a scrivere racconti che furono pubblicati da diversi giornali e riviste.
Coloane racconta i numerosi viaggi, compiuti a cavallo, in nave, barca, veliero. Nel 1947 partecipa ad una spedizione di carattere scientifico-militare nell'Antartide; viaggia nella regione australe del Cile. Trascorre poi due anni in Cina, viaggiando attraverso la Mongolia, che gli ricorda così da vicino le infinite distese della Patagonia, dove aveva trascorso parte della sua gioventù. Viaggia poi fino alle Galapagos, osservando e descrivendo con passione un patrimonio naturale senza precedenti e senza difese.
Coloane ha fatto conoscere al di là dei propri confini le regioni più isolate e sconosciute del Cile: la parte più australe della terra, la provincia dello Stretto di Magellano e, in particolar modo, la Terra del Fuoco. Il mondo alla fine del mondo di Coloane è un oceano grigio e burrascoso, e le sue acque sono popolate di balene e baleniere, foche, pescatori e tempeste. Oltre a questo ha raccontato la vita semplice di esseri umani a volte vittoriosi, altre volte sconfitti, ma sempre impegnati in una lotta senza tregua, in un' atmosfera a misteriosa e magica, a metà strada tra leggenda e realtà. Non solo questo si trova però nelle sue pagine, ma anche il racconto della storia del Cile, compresa la storia tragica delle dittature, della persecuzione politica che ha costretto molti a diventare esuli ed abbandonare il proprio paese.
di Francisco Coloane
Avventurieri disperati, cercatori d'oro, rivoluzionari in fuga, marinai sfortunati e capitani coraggiosi: sono questi i personaggi che popolano i nove racconti riuniti in questa raccolta. Figure indimenticabili che gravitano tutte attorno al protagonista indiscusso delle storie: la natura.
Quella natura d'inquietante e desolata bellezza che domina il paesaggio aspro e selvaggio della Terra del Fuoco e che assurge a simbolo ideale e totale della elementare e incessante drammaticità delle passioni umane.
di Bruce Chatwin
Dopo l'ultima guerra alcuni ragazzi inglesi, fra cui l'autore di questo libro, chini sulle carte geografiche, cercavano il luogo giusto per sfuggire alla prossima distruzione nucleare. Scelsero la Patagonia. E proprio in Patagonia si sarebbe spinto Bruce Chatwin, non già per salvarsi da una catastrofe, ma sulle tracce di un mostro preistorico e di un parente navigatore.
di Francesco Ongaro
Regno di Danimarca, XVI secolo. Jep sa che la vita non sarà clemente con lui. Al villaggio i ragazzi lo maltrattano, gli adulti lo evitano, non si fidano di quel giovane alto come un bambino che vede cose che gli altri non vedono, temono la sua deformità.
Poi, in un mattino imbiancato di neve, una nave porta sull'isola un nobile signore, l'astronomo più rinomato d'Europa. Il suo nome è Tycho Brahe, re Federico II gli ha dato in feudo l'isola di Hven perché possa costruirvi un osservatorio. Tutti gli abitanti sono obbligati a contribuire con il loro lavoro: quell'aristocratico altero ed esigente è il padrone. Solo Jep il gobbo è contento dell'arrivo di quel signore severo che scruta sempre la notte, lo segue ovunque, diventerà il suo giullare. Di giorno, ai piedi del suo tavolo, prende gli avanzi di cibo e diverte gli ospiti; la notte, col permesso di Tycho, impara a leggere e scrivere, studia il latino, apprende la matematica. Perché solo guardando le stelle Jep dimentica la propria immagine riflessa nell'acqua del pozzo, le donne che non amerà, i figli che non potrà mai avere.
Ma la Storia si fa beffe delle speranze degli uomini, in un giorno infausto, il re muore e appare subito chiaro che Tycho non gode del favore del suo successore...
In una miscela di narrazione e ricostruzione storica, Francesco Ongaro riporta in vita un secolo straordinario e terribile e uno dei suoi protagonisti dimenticati, senza il quale l'astronomia moderna non avrebbe mai visto la luce.
Un libro che ti prende alla prima pagina e ti lascia solo all'ultima, con un groppo in gola e il dispiacere perchè la pagina successiva è l'indice....
C.Agnus-P.Y.Lautrou
L'Everest delle regate attorno al mondo, in solitario, la più difficile e celebre regata al mondo partirà quest'anno il 10 novembre 2012 da Les Sables d'Olonne, in Francia, sul Golfo di Guascogna, Oceano Atlantico. Il libro racconta la storia avvincente della regata da quando è nata nel 1998 fino ad oggi. Il Vendée Globe non è una regata come le altre. Ogni quattro anni un gruppo di audaci skipper affronta tutto l'Atlantico, il Pot au Noir, l’Oceano Indiano, il Pacifico del Sud e il famoso Capo Horn, per compiere un giro del mondo in solitario, senza scalo e senza assistenza.
Il destino dell“Everest della vela” è impressionante. Quest’avventura estrema è diventata un evento grazie ai suoi protagonisti coraggiosi, al sostegno indefettibile del dipartimento della Vandea e alla passione del pubblico. Il Vendée Globe continua ininterrottamente ad alimentare la sua leggenda, con incidenti e salvataggi estremi, con la morte e la vittoria, con la rivelazione di skipper come Ellen MacArthur e con la doppia vittoria del grande Michel Desjoyeaux.
Jean Le Cam
La storia di un drammatico naufragio al Vendée Globe. Jean Le Cam è un grande e famoso skipper francese, nato in Bretagna, regno dei navigatori oceanici più forti. Questo libro ha già venduto 4500 copie in Francia e descrive la carriera eccezionale di Le Cam. Ha iniziato a navigare con Éric Tabarly e ha vinto tre edizioni della Solitaria del Figaro, una delle regate più difficili al mondo. Ha partecipato a due edizioni del giro del mondo in barca a vela da corsa Open 60, senza equipaggio e senza scalo, nel 2004 e nel 2008, il celebre e unico Vendée Globe. Nell'ultima edizione, il 6 gennaio 2009, è stato protagonista di un impressionante naufragio che ha fatto parlare la stampa di tutto il mondo, salvandosi solo grazie alla sua eccezionale bravura. In questo libro, Le Cam ripercorre la sua vita avventurosa nel mondo della vela, fino a descrivere in modo avvincente questo eccezionale naufragio. Il libro è corredato di fotografie a colori, con il lungo elenco delle vittorie sportive e dei record compiuti da Jean Le Cam, un palmarès eccezionale e invidiabile da tutti.
«Il giorno tramonta, la flotta si addentra nel Golfo di Guascogna. Les Sables D'Olonne scompare dietro di noi, nella scia delle barche. Le motovedette dei membri della mia equipe, degli spettatori e della stampa, tornano indietro, gli elicotteri anche. Ne rimane solo uno. Fa dietrofront. È allora che inizia veramente il mio Vendée Globe. Sono in regata attorno al mondo, in solitaria. Là, dove volevo essere. Sinceramente, quell'allontanamento progressivo dalla terra e dalle barche che ci accompagnavano, mi fa piacere. Ritrovo quella serenità che mi mancava nei giorni precedenti. Mi cambio per indossare i miei vestiti da navigazione. Indosso la regata. Sono a casa.»
Il suo naufragio spettacolare, al largo di capo Horn, mentre era nel gruppo di testa del Vendée Globe, il giro del mondo in solitaria, obbliga Jean Le Cam a passare diciotto ore nello scafo della sua barca VM Matériaux rovesciata, progressivamente invasa da un'acqua gelida, prima di essere soccorso da Vincent Riou. «Il Re Jean» racconta qui, per la prima volta, quell'avventura e i suoi quarant'anni di vita dedicata alla navigazione d'altura, negli oceani di tutto il mondo. A modo suo: diretto, sincero, a vele spiegate.
Michel Desjoyeaux
Lo skipper più famoso del momento, il vincitore per due volte del giro del mondo in solitaria, senza scalo, il Vendée Globe. Michel Desjoyeaux, navigatore delle regate oceaniche d'altura, è il più grande skipper francese, e forse mondiale, di tutti i tempi, una vera leggenda.
Questo libro ha già venduto 20.000 copie in Francia, un' importante autobiografia in cui Desjoyeaux, per la prima volta, si confida a tutto campo e ripercorre la sua carriera eccezionale nel mondo della vela. Ha iniziato a navigare con Éric Tabarly, a vent'anni ha fatto la Withbread, oggi Volvo Ocean Race, ha partecipato a 10 edizioni della Solitaria del Figaro, vincendone 3, ha vinto due giri del mondo in solitaria, il Vendée Globe, nel 2000 e nel 2008, oltre ad altre tantissime vittorie, navigando su barche da corsa Open 60 e su un trimarano da 60 piedi. Ha vinto la Transat AG2R nel 1992, la Rotta del Rhum nel 2002, la Transat ex Ostar nel 2004, la Transat Jacques Vabre nel 2007. Nell'ultima edizione del Vendée Globe, partito per ultimo dopo un'avaria, ha risalito tutta la flotta dei concorrenti, tagliando il traguardo per primo, un'impresa straordinaria che passerà alla storia, di cui vi è una cronaca completa nel libro. Il libro è corredato di fotografie a colori, con il lungo elenco delle vittorie sportive di Michel Desjoyeaux.
«In un certo senso, sono stato un solitario nell’anima, prima di diventarlo in mare». «Che cosa fa allora la differenza tra un vincitore e un uomo «normale»? Anzitutto, la motivazione, senza dubbio. L’esperienza, successivamente. Per il resto, mistero. Non lo so». « Il mio rapporto con la competizione è strano. Funziono con l’adrenalina. Ci sono dei momenti, in cui sento che il meccanismo si mette in moto secondo la direzione giusta. È una sorta di stato di grazia, in cui percepisco, intuitivamente, che tutto andrà per il meglio, che niente mi può succedere». Un libro appassionante, che ci fa scoprire un uomo fuori dal comune. Una lezione di vita e anche una bella lezione da sogno. Michel Desjoyeaux è il solo skipper al mondo ad aver vinto tutte le grandi regate in solitario: due volte il Vendée Globe, tre volte la Solitaria del Figaro, la Rotta del Rhum e la Transat inglese.
La storia
Partito ultimo, Michel Desjoyeaux è arrivato primo, polverizzando tutti i record: il Vendée Globe 2009 è una straordinaria vittoria, una riuscita superba. Michel Desjoyeaux non è un marinaio come gli altri. Ha una determinazione, una volontà, una grinta da vincitore che ne fanno un caso a parte. In questo libro, si confida per la prima volta e svela i segreti delle barche a vela nelle regate d'altura, come in un manuale per vincere.
Michel Desjoyeaux è l'unico skipper ad aver vinto tutte le grandi corse in solitario: due volte il Vendée Globe (2001 e 2009), tre volte la Solitaire du Figaro (1992, 1998 e 2007), la Route du Rhum (2002) e la Transat anglaise (2004). Ora Michel è nel circuito del Multi One Design 70 (MOD 70), con regate in programma per il 2012.
Olivier de Kersauson
Per la prima volta in Italia, un libro di grande successo in Francia, dove ha già venduto più di 350 mila copie! Una narrazione avvincente, originale, carica di novità ed emozioni. Mitico personaggio, Olivier de Kersauson è un grande navigatore francese che per quarant'anni ha percorso i più grandi e pericolosi oceani del mondo. Un uomo profondamente libero che ha abbandonato, fin dall'adolescenza, la società consumistica del benessere, per inseguire i suoi sogni di libertà tra i mari. Traumatizzato da bambino dagli orrori della Guerra Mondiale, Olivier de Kersauson insegue ancora oggi il suo desiderio di evasione. Durante gli scali sulla terraferma, ha incontrato popoli di tutto il mondo di cui racconta straordinari episodi. Ha avuto il privilegio di iniziare ad apprendere la navigazione a bordo delle barche Pen Duick di Eric Tabarly, con il quale ha condiviso molte regate oceaniche importanti. Poi ha continuato da solo, vincendo clamorosi record di velocità, a bordo di giganteschi trimarani. Vive tra la Bretagna, dove è nato, e Moorea, in Polinesia, nel Pacifico.
“Prendere il mare è tutto, tranne una fuga; è, al contrario, una disciplina, fatta di regole. Decidere di andare a cavalcare le onde è una conquista e, per conquistare, bisogna partire. È la straordinaria tentazione dell’immensità. Il mare, è il cuore del mondo. Voler visitare l’oceano, è andare a conoscere i colori dell’assoluto. Mi è sempre sembrato indecente di non voler andare a vedere il mondo, dappertutto. Avevo bisogno di partire per tutti gli oceani del modo, di scoprire tutti i porti…Per me, é vitale: più si è dentro al mondo, più bisogna percorrerlo”. “La solitudine non è necessariamente confortante, ma mi riporta alle mie azioni e mi conduce a essere in perenne trattativa con me stesso. Non sono mai stanco della solitudine ed è spesso difficoltoso uscirne fuori. Essere solo mi permette di uscire da me stesso e di sentirmi inebriato dal silenzio.” “Ho sempre pensato che avevo il dovere di vivere le mie avventure in mare per tutti quelli che avevano sognato di farlo e non avevano potuto! Sono sempre stato ben consapevole delle mie possibilità. Dunque, la mia eleganza, la mia nobiltà, è di “andare verso il rischio”.
Note sull'autore
Olivier de Kersauson, o visconte Olivier de Kersauson de Pennendreff, nato a Bonnétable dans la Sarthe, il 20 luglio 1944, è un campione della vela francese, amante dei grandi spazi e scrittore.
Detentore nel 1989 del record del giro del mondo in solitario in 125 giorni, 19 ore e 32 minuti sulla barca a vela "Un autre regard" (ex-Poulain), un trimarano di 23 metri.
Detentore nel 1997 del Trofeo Jules Verne in 71 giorni, 14 ore e 22 minuti su "Sport-Élec", un trimarano di 27,4 metri.
Detentore nel 2004 del Trofeo Jules Verne in 63 giorni, 13 ore e 59 minuti su "Géronimo".
Detentore del Giro dell'Australia, The Challenge, nel luglio 2005, 17 giorni 12 ore, 57 minuti. Ha realizzato la Transpac da Los Angeles a Honolulu in 4 giorni 19 ore e 31 minuti. Nel 2006, batte il record San Francisco-Yokohama in 14 giorni, 22 ore, 40 minuti. Nel 2006, Kersauson aveva stabilito il tempo di riferimento per la traversata a vela tra il Giappone e Hong-Kong: 4 giorni, 17 ore, 47 minuti e 23 secondi). Qualche settimana più tardi, batte, l'11 giugno 2006 un nuovo record, sullo stesso percorso ma in senso inverso. Ha percorso le 4482 miglia del percorso tra Yokohama e San Francisco in 13 giorni, 22 ore e 38 minuti.
Olivier de Kersauson è settimo di otto figli. I suoi antenati si sono distinti nella storia della Francia; uno di loro ha comandato la flotta di Saint Louis partita per le Crociate. Suo fratello Yves de Kersauson divenne Ammiraglio al termine di una carriera nella Marina. Suo fratello, Florent de Kersauson è il creatore della regata Route du Rhum.
Fabrice Amedeo e Sébastien Josse
Sébastien Josse è uno degli skipper più importanti del momento nel circuito delle regate internazionali d'altura. In questo libro, edito in Francia dalla prestigiosa Casa Editrice Glénat, Josse racconta della Volvo Ocean Race, il giro del mondo attraverso tutti gli oceani con una barca a vela di 70 piedi di cui fu comandante, assieme a un equipaggio ai limiti dell'eroismo. Una regata dell'estremo, fatta con barche da corsa ad altissima tecnologia. Una regata famosissima, di risonanza mondiale.
Un racconto drammatico ed entusiasmante, carico di colpi di scena, che conduce il lettore nel magico regno delle esperienze estreme, tra onde oceaniche, mari ostili, carichi di iceberg, fino alla morte di un membro dell'equipaggio, caduto in mare in piena notte e miracolosamente recuperato a bordo, proprio grazie alla grande capacità professionale di Sébastien Josse che poté così restituirne la salma ai familiari.
La storia
Un equipaggio internazionale di giovani appassionati ha tenuto testa agli skipper più esperti del pianeta durante il giro del mondo più duro che ci sia: la Volvo Ocean Race (ex-Whitbread), graal della vela anglosassone, corsa a bordo di vere e proprie Formula 1 oceaniche. Il loro comandante, lo skipper Sebastén Josse fa parte ormai del gruppo dei navigatori internazionali più rispettati. A meno di 30 anni, al comando del suo equipaggio di matricole, ingaggiate dalla banca olandese ABN Amro per affermare i valori del multiculturalismo e della tenacia, ha portato la sua barca al quarto posto dopo un interminabile sprint planetario e ha conquistato il record della più lunga distanza percorsa in 24 ore su un monoscafo.
Al di là dell'exploit sportivo, la prova più estrema è stata la morte di Hans Horrevoets, spinto da un frangente fuori dalla barca, nell'Atlantico. Ironia della sorte, qualche ora dopo aver lottato per recuperare a bordo il corpo senza vita del loro compagno, i "Kids" di ABN Amro II salvano i dieci componenti dell'equipaggio di una barca concorrente.
Il loro coraggio e la loro determinazione hanno conquistato il rispetto e la stima del mondo della vela. Questa corsa, ai limiti del ragionevole, della loro paura e delle loro capacità psichiche ha cambiato come non mai la vita di Sebastén Josse e la sua filosofia di marinaio.